lunedì 22 maggio 2017

Una gatta e la sua farmacista - 13

Te l'ho mai detto che ormai mi basta sentire il tuo passo sulle scale per capire come ti è andata la giornata?
Se è leggero e saltellante vuol dire che non è poi andata troppo male: magari sei stanca, ma sei anche abbastanza soddisfatta del lavoro compiuto.
Altre volte appare pesante, come se salissi una scalinata infinita con le spalle gravate da un peso importante: ti ricordi che nell'ingresso della casa dei tuoi genitori c'era una vecchia stampa che raffigurava il mitico  Atlante con il globo terrestre sulle spalle? Da bambina guardavi rapita quel gigante deforme quasi schiacciato dall'opprimente fardello, ti attraeva e ti impressionava insieme, come attira e respinge tutto ciò che di oscuro ci affascina. Se lo cerchiamo bene, credo che sia ancora  nascosto da qualche parte in cantina: lo so che qualche volta ancora lo sogni, però forse è meglio se lo lasciamo riposare dov'è, coperto di polvere e di sogni infantili. Accontentiamoci di quello che offre la realtà di ogni giorno, che ricordare il passato non è sempre un bene. 
Infine, alcune volte, non mi accorgo neppure che sali: apri la porta e mi sbuchi davanti, senza vedermi, del tutto smarrita in pensieri nascosti. Sono le volte in cui mi spavento davvero: intuisco ragionamenti complessi, arcane domande che non vuoi condividere, dubbio, incertezza, perplessità, indecisione. Non mi guardi, non mi saluti, non parli: cerco di farmi notare, mi struscio sulle tue gambe, ti intralcio con intenzione, reclamo un po' di giusta attenzione. Mi ignori, del tutto perduta in un mondo in cui non c'è posto per nessuno di noi.
Sai, certe volte rimango per ore fuori dalla finestra della farmacia e ti osservo al lavoro. Mi manchi, non sai quanto mi manchi quando ti sento lontana. Guarda, lo so che non dovrei proprio dirlo, che me ne pentirò quanto prima, ma ti preferisco esagitata e fuori di testa, urlante arrabbiata infuriata, tutto tranne questo silenzio sospeso e inquietante.
Ti osservo, dicevo, e cerco di farmi un'idea di quel che succede, cerco di capire che cosa ti turba. 
Effettivamente, qualche volta, non hai tutti i torti: le persone, talvolta, sono veramente ben strane. 
Una notte di turno, un signore che aveva bisogno di farmaci, arriva, vede tutto illuminato, non suona il campanello (non volevo disturbare!), ma ti denuncia per non aver effettuato il servizio notturno. Secondo lui, che cosa avresti dovuto fare? Percepire le sue necessità per contatto telepatico? 
Ha visto il cartello, "suonare tutti e due i campanelli"(avevi anche sostituito il termine "entrambi", troppo difficile, dava origine ad equivoci fantasiosi). ma non l'ha fatto: ha bussato ad una finestra, forse pensando che da buon soldatino rimanessi vigile, pronta a scattare ad ogni flebile suono, sempre che il rumore della strada ne permettesse un'eco riconoscibile.
Capita di sbagliare, di non sapere che cosa fare, di non riuscire a spiegarsi. Non è grave. Succede.
Quello che è grave, difficile da interpretare, quasi impossibile da giustificare, è partire in quarta accusando il mondo intero delle proprie mancanze, senza neppure fare lo sforzo di mettersi nei panni dell'altro, sicuri di essere oggetto di oscuri complotti malvagi aventi l'unico scopo di volerci annientare.
Siamo in Italia, che ci vuoi fare. In America no, nessuno sbaglia;  in Germania nemmeno, tutti perfetti, gentili, accoglienti, educati, esemplari; in Francia solo persone solerti, disponibili, sensibili, aperte; in Inghilterra, poi, il paradiso terrestre, ogni cosa funziona, niente intoppi, ostacoli, incagli.
Siamo in Italia, mi devi capire senza che io mi debba spiegare; mi devi aiutare senza che io te lo debba chiedere, così che possa poi lamentarmi del tuo intervento opprimente; ci devi essere, attiva competente informata, ma non mi devi dire che sbaglio, perché così io mi offendo, e poi non sono mai da meno di te.
Siamo in Italia, e quando ami il lavoro che fai quello non è un lavoro.
Siamo in Italia, e lavorare non è un diritto, ma un privilegio.
Siamo in Italia, ma, certe volte, mi piacerebbe essere in quel paese magico in cui tutti comunicano per telepatia, non ci sono mai equivoci, nessuno teme il parlare, spiegarsi, capire





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